venerdì 2 gennaio 2015

Mira Jacob, “Manuale di danza del sonnambulo” ed. 2014

                                                                 Voci da mondi diversi. Asia
      FRESCO DI LETTURA


Mira Jacob, “Manuale di danza del sonnambulo”
Ed. Neri Pozza, trad. Ada Arduini, pagg. 539, Euro 18,00
Titolo originale: The Sleepwalker’s Guide to Dancing


   La porta d’ingresso era spalancata e, più oltre, vide suo padre in piedi nel vialetto, che guardava la galleria d’alberi. Pareva piccolo, teneva le braccia rilassate lungo i fianchi. Non si girò mentre Amina si avvicinava e per un attimo lei credette che li stesse vedendo di nuovo, Itty o Sunil o Akhil o chiunque altro potesse manifestarsi un sabato pomeriggio tardi, in attesa di poter fare il giro della casa. Gli prese la mano, sorpresa dalla forza con cui rispose alla stretta, e dalla sua sicurezza. Lui l’attirò a sé e intrecciò le dita alle sue fino a farle male.

    New Mexico, Albuquerque, 1998. Thomas Eapen, stimato chirurgo del cervello immigrato dall’India negli anni ‘70, parla da solo sul portico di casa. Non è solo, in realtà. Si intrattiene con sua madre, suo fratello, suo nipote, suo figlio Akhil- tutti morti, vivi solo per lui.
   Albuquerque, 1983. Il diciassettenne Akhil dorme. Dorme troppo, si addormenta mentre sta parlando, mentre guida l’automobile. Narcolessia. Muore in un incidente.
   India, anni ‘70. Il ritorno a casa degli Eapen per visitare la famiglia è un fallimento. La madre di Thomas spera che lui sia tornato per non partire più, sua moglie Kamala vorrebbe restare, i due figli Akhil e Amina non riescono ad adattarsi al clima e alle abitudini, il fratello di Thomas invidia il successo di questi in America e gli attribuisce la responsabilità dell’averlo obbligato a restare accanto alla madre. La decisione di Thomas di accorciare la visita farà scattare delle conseguenze che si riverberano negli anni- l’infelicità di Kamala, la crisi del loro matrimonio, l’assorbimento totale di Thomas nel lavoro per allontanarsi da casa, l’estraniamento dai figli, la violenza sonnambula del fratello Sunil. Fino a portarci agli spettri che popolano la mente di Thomas e inducono Kamala a telefonare ad Amina, fotoreporter a Seattle.

    Il romanzo di Mira Jacob incomincia proprio da questa telefonata e coglie Amina in un momento di crisi: dopo la foto che l’ha resa famosa, quella dell’indiano americano che si è suicidato per protesta, ormai Amina fa la fotografa di matrimoni, tutto bello, anche divertente, ma lei è insoddisfatta ed è rosa dal senso di colpa per aver sfruttato la morte, per aver potuto pensare alla bellezza dello scatto in un momento così drammatico. Amina partirà per Albuquerque e “La danza del sonnambulo” procede seguendo tre filoni temporali che ruotano ognuno intorno ad un momento cruciale, ci girano intorno, vengono attirati in un vortice dentro la crisi. E’ un libro che parla di vita e di morte, “La danza del sonnambulo”, un romanzo che affronta il tema dello sradicamento e della nostalgia delle origini, del sentirsi un estraneo ovunque, per quanto ben inserito nella nuova società che ci ha accolto, incapace di tornare indietro e pur sempre legato ai ricordi, ai profumi, al cibo della propria terra. Quando Kamala, desiderosa di riconquistare il marito, si acconcia i capelli in una coda di cavallo e si veste con una tuta da ginnastica e una maglietta, quando si mette a seguire ricette francesi in cucina, sia i figli sia il marito la guardano straniti. Per i giovani gli hamburger vanno bene, ma è soltanto un piatto indiano, pollo al curry, chapati, chutney, somosa, che li fa sentire se stessi, sono solo le riunioni con le famiglie indiane come la loro che hanno un’atmosfera calda e affettuosa di solidarietà.


    Mira Jacob ha scritto un libro originale, senza cadere nel rischio del colore facile, nell’ormai fin troppo sfruttato profumo di spezie. E’ un libro che sa essere divertente pur essendo profondamente tragico, come può esserlo un romanzo radicato nell’assenza e nella lontananza- fino all’estrema assenza nella morte. Di cui il sonno è una simulazione- si parla molto del cervello (Thomas è uno specialista nel campo, morirà di un tumore al cervello), di allucinazioni che esistono solo nella mente di chi le vede (che male c’è, se possono riportare in vita un figlio adorato?) e del sonno, così rischioso, così mortale, come nei casi del fratello e del figlio di Thomas. Oppure come via di fuga da una realtà difficile.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it


Nessun commento:

Posta un commento