mercoledì 19 aprile 2017

Wulf Dorn, “Il superstite” ed. 2011

                                              Voci da mondi diversi. Area germanica
           cento sfumature di giallo
            il libro ritorvato

Wulf Dorn, “Il superstite”
Ed. Corbaccio, trad. Alessandra Petrelli, pagg. 434, Euro 18,60
Titolo originale: Kalte Stille

    Jan aveva percorso soltanto pochi metri, quando si fermò di scatto. Dov’era Sven? Per un secondo aveva creduto di non averlo visto a causa della fitta nevicata, ma la panchina era vuota.
C’era solo il dittafono. Era già coperto da un sottile strato di neve, come tutta la panchina, tanto che si poteva credere che lì non fosse mai stato nessuno. Forse anche Sven era andato a fare pipì? Ma in quel caso di sicuro avrebbe seguito Jan.
  
       Fahlenberg, Germania, gennaio 1985. La diciottenne Alexandra fugge dalla clinica psichiatrica dove era ricoverata per forti disturbi mentali. E’ livida dal freddo, indossa una maglietta. L’espressione del viso mostra terrore. Jan Forstner, dodici anni, seduto sulla panchina vicino al lago la vede arrivare, vede che si inoltra sulla superficie di ghiaccio, sa che la lastra è sottile, cerca di fermarla, convincerla a tornare indietro carponi. Troppo tardi. Si apre una ragnatela nel ghiaccio, la ragazza cade nell’acqua gelida, Jan le lancia il guinzaglio del cane perché vi si afferri. Inutile. Alexandra muore.
Questo è solo il primo tragico avvenimento che dà inizio ad una catena che sembra essere senza fine, che si allunga fino a ventitre anni dopo, quando Jan ritorna a Fahlenberg, medico psichiatra come suo padre che nel 1985 lavorava alla Waldklinik e aveva in cura Alexandra. La famiglia Forstner era stata distrutta dalla morte della ragazza. Letteralmente. Perché subito dopo, in circostanze strane (e agghiaccianti, in senso letterale e non), era scomparso Sven, il fratellino di sei anni di Jan; suo padre aveva ricevuto una telefonata, si era precipitato fuori, aveva messo in moto l’auto. Nessuno sapeva dove stesse andando- di certo la telefonata aveva a che fare con la scomparsa di Sven. Guidava troppo veloce, era morto in un incidente. Non era finita qui…

    Nel 2008 il primario della clinica, che era stato amico di suo padre, offre a Jan un posto di lavoro, ad una condizione: che Jan si metta in terapia con il dottor Rauh, visto che è stato sospeso dalla professione per disturbi comportamentali. E’ perfettamente comprensibile che Jan abbia un’ossessione- quella di capire che cosa sia successo quella notte di gennaio del 1985-, e che sia tormentato dal senso di colpa: se lui non avesse avuto l’idea balzana di andare di notte nel parco per cercare di captare su registratore la voce della morta Alexandra, Sven non lo avrebbe seguito, nulla sarebbe successo.
Quello che accade a Jan nel presente induce a pensare che sia destinato ad essere sfiorato dall’ala della morte. Nell’atmosfera inquietante della clinica psichiatrica, dove ogni paziente soffre di disturbi mentali collegati a qualche tipo di trauma, si sussegue una serie di incidenti mortali, mentre in alcuni capitoli un personaggio senza nome cerca compulsivamente una compagnia femminile da cui richiede prestazioni piuttosto innocenti ma tese a far rivivere un determinato ricordo dai contorni sfumati per il lettore. C’è un crescendo di tensione a mano a mano che la ricerca di Jan, deciso a scavare nel passato, e non solo sotto l’influenza dell’ipnosi, procede coinvolgendo altre persone- il padre di Alexandra, l’archivista…Un pericolo oscuro si fa sempre più minaccioso, fino alla conclusione catartica.
     Wulf Dorn è, forse prima di tutto, uno psichiatra e gli si addice il genere che ha scelto, che potremmo definire del ‘thriller psichiatrico’. Perché l’originalità dei suoi romanzi (di questo e del precedente, “La psichiatra”) è nello svolgimento di un’indagine senza coinvolgere commissari di polizia. C’è sempre una doppia indagine nei romanzi di Dorn, quella alla ricerca di un colpevole e quella- più importante ancora- all’interno di menti malate alla ricerca delle motivazioni che spingono al delitto. E’ chiaro che le due indagini finiscono per intrecciarsi indissolubilmente, la seconda più interessante della prima, anche per le conoscenze specifiche dello scrittore. Che tuttavia abusa in maniera un poco eccessiva, ne “Il superstite”, di comportamenti limite di casi disturbati, quasi che tutti gli psicopatici o i ‘fuori di testa’ fossero calamitati verso la Waldklinik. E però Wulf Dorn sa trascinare il lettore, seminando indizi, fuorviandolo, capovolgendo i sospetti. Lasciandolo con il fermo proposito di non ricorrere mai all’aiuto di uno psichiatra.

la recensione e l'intervista sono state pubblicate su www.wuz.it


    


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